“Salvini tema l’ira dei calmi”
Il ministro degli Interni è pericoloso per la sua voglia di potere ma soprattutto perché incontrastabile da alleati e avversari. Ma poi cadrà. Parla Giampaolo Pansa
Il titolo l’ha fortemente voluto lui anche se, alla Rizzoli, all’inizio han tentennato: Il dittatore.
Giampaolo Pansa lo diceva di Matteo Salvini già un anno fa, quando l’Espresso andò a intervistarlo nel suo buen retiro di nel basso Senese.
Era un bollente giugno e, mentre tutti si concentravano sui grillini come i veri padroni del nuovissimo governo, forti del loro 32% alle politiche del marzo e delle conseguenti schiere di parlamentari, il vecchio giornalista — 84 anni il 1 ottobre — diceva a chi scrive che “Salvini è un fascista. È muscolare, è accentratore, è fascista nei modi, nelle cose”, è uno cui “si legge in volto la prepotenza”.
Il primo “porti chiusi”, strillato e tuittato contro l’Aquarius, nave delle ong, sarebbe arrivato solo un mese e mezzo dopo, in pieno agosto, eppure Pansa vedeva già Salvini “incamminato lungo una strada che sarà disastrosa, per lui e per noi”.
Domanda. Pansa, lei dunque è la nostra nuova Cassandra?
Risposta: Beh, non ci volevano chissà quali capacità divinatorie e poi, sa, ne ho viste tante. Ma la voglia di Salvini di conquistare il potere è netta e insopprimibile: da vicepremier vuole diventare il capo.
D. Una volta il lapsus gli è persino sfuggito, in un talk show.
R. Lo vede? È la sua natura, non si può cancellare. L’istinto. E sta avendo ragione: l’uomo è sempre più importante, più potente e, quindi, sempre più pericoloso.
D. Che cosa glielo fa pensare?
R. Il fatto che anche questo libro fa paura: è uscito da giorni ma i giornali non vogliono parlarne.
D. Sabato scorso c’era Luca Bottura su Robinson di Repubblica.
R. Sì ed è stata una cosa molto divertente, al solito, ma negli altri trovo una certo difficoltà a parlarne. Guardi che io non riescono neppure a parlare col direttore del Corriere della Sera, le pare possibile? Sono un vecchio giornalista, ho girato un sacco di redazioni, fra cui quella di Via Solferino.
D. Come se lo spiega?
R. C’è paura a parlare fuori dai denti di un leader politico terrificante, il nuovo padrone d’Italia. Le dico una cosa, Pistelli.
D. Prego.
R. Neppure per Il Sangue dei Vinti (Sperling & Kupfer) ho trovato tanta reticenza. E sì che nel 2003 era difficile mettere in discussione il mito della Resistenza.
D. Eppure c’è un moderatismo, di estrazione liberale, che fa spallucce nei confronti di chi vede un rischio autoritario nel ministro degli Interni.
R. Lo so, lo so. Minimizzano e se ne accorgeranno. “Teniamoci le braghe”, diceva mia nonna. Io ho 83 anni e mi vengono i capelli ritti, ma tutti dovrebbero essere in allarme per quel carattere violento del vicepremier. E soprattutto per un altro fatto.
D. Quale?
R. Che l’uomo non ha di fronte alcuna opposizione. Chi gli si può opporre? I cinquestelle? Sono al lumicino: hanno perso milioni di voti alle europee, mi-lio-ni. L’altro giorno, a Genova, per la demolizione di quel che restava del Ponte Morandi, Luigi Di Maio non ha trovato di meglio che polemizzare perché la Rai l’ha tagliato da un servizio. Ma lei si rende conto?
D. Un tempo Beppe Grillo inibiva la tv ai suoi.
R. Ora si lamentano se restano fuori dall’inquadratura! Pazzesco. Ma sarà sempre più così, non si illudano. Già mezza Rai fa chiaramente riferimento alla Lega.
D. Per la storia degli editori di riferimento, come disse una volta Bruno Vespa della Dc…
R. In Rai fiutano i cambiamenti politici lontano un miglio.
D. Ma stavamo parlando della mancanza di opposizione.
R. È il dato più preoccupante. Più della brama di potere di Salvini. E non parlo solo della politica, ovviamente. Nessun direttore di quotidiano, nessun commentatore, lo attacca frontalmente. I cosiddetti liberali, lo ricordava anche lei prima, tutti zitti. Ma perché? E il punto sta proprio lì: Salvini sarà molto pericoloso quando si renderà conto di non avere contro nessuno.
D. Quali sono gli atteggiamenti più dittatoriali che ravvede nel numero uno leghista?
R. C’è un indicatore chiaro: non tollera il dissenso. Nel suo partito, non ce n’è uno che lo critichi, neppure alla lontana. Magari lo fanno privatamente, ma non in pubblico.
D. Ci penserà Silvio Berlusconi, per quanto dichiari di volerci tornare a governare insieme?
R. Ma no, Berlusconi è un vecchio signore come me, ha avuto qualche problema di salute, è perduto ormai per la politica d’assalto. Ha combattuto molto, gli ho fatto la guerra anche io e gli rendo l’onore delle armi, ma cosa vuole che faccia?
D. Beh, intanto pubblica un libro come questo, essendo la “Rizzoli Libri” del gruppo Mondadori.
R. Ah sì, Rizzoli è finita a Segrate? (ride). Sa che mi ero perso questo passaggio?
D. Pansa, come finisce questa storia? Lei chiude il libro con una profezia di sventura per il capo della Lega nazionale
R. Gli italiani sono spesso caduti nell’errore di seguire il pifferaio magico che, in quel momento, offriva ricette semplici per risolvere problemi complicati ed evitare gli inevitabili sacrifici. Però gli onesti, lo ricordi Salvini, sanno fare bene i conti in tasca a se stessi. E mi creda, molti li hanno già fatti e altri li faranno. Allora che cosa accadrà? Rammenti, Salvini, un vecchio detto popolare che recita: temete l’ira dei calmi.
D. A Palazzo Chigi ci andrà, però.
R. Certo. Ma non durerà molto: un anno, un anno e mezzo. Poi nemmeno il suo amico Vladimir Putin ce la farà a tenerlo su. Neppure la Corea del Nord che, le ricordo, il Nostro descriveva come la Svizzera d’Asia, non molto tempo fa. Salvini la farà da padrone ma per poco. Poi l’Italia se lo mangerà.
D. Prima di finire, mi scusi, mi tolga una curiosità: con le sue critiche al ministro degli Interni, ora divenute un libro, non finirà per perdere un po’ del suo lettorato tradizionale, quello affezionato al revisionismo storico?
R. Francamente me ne fotto, mi perdoni il francesismo. Sono stato sempre un uomo libero: che si trattasse della Dc, del terrorismo, di Berlusconi, della guerra partigiana, di Matteo Renzi, quel che ho pensato l’ho scritto. Sempre.